La cassetta degli attrezzi

Scrivere non è semplice. E' un'arte. Ci vuole tecnica, certo, ma alla fine tutto deve nascere dal cuore. Ci vuole istinto, intuito, poesia e un pizzico di sfrontatezza... ma poi non basta, c'è sempre da imparare qualcosa.

Qui troverete tutte le segnalazioni utili ad imparare qualcosa di più, non solamente sullo scrivere. Se volete partecipare con qualsiasi informazione utile, scrivetemi! Insieme possiamo costruire qualcosa che sia davvero utile anche agli altri!

 

Indice

Consigli per aspiranti scrittori e per scrittori emergenti

Come diventare scrittori?
Editoria a pagamento
Editing
Racconti brevi
Romanzi
Poesie
Come promuovere il proprio libro
I diritti d'autore
E-books
Vendere on-line
 
 
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Consigli per aspiranti scrittori e per scrittori emergenti
 

Oggigiorno sono numerosissime le persone con l’hobby della scrittura (io stessa appartengo a pieno titolo alla categoria) e naturalmente tutti (o una larga maggioranza che si può a buona ragione definire come “tutti”) aspirano alla pubblicazione delle proprie opere. E’ un’aspirazione legittima e comprensibile, che ci anima e che ci sprona a fare le ore piccole scrivendo e riscrivendo, mettendo su carta (o sulla tastiera di un PC) le nostre emozioni e le nostre passioni.

Purtroppo è cosa ormai altrettanto nota e condivisa (lo scrivo anche in altra parte di questo sito) che in Italia “ci sono più scrittori che lettori”.
Questo complica maledettamente le cose perché scrivere bene o scrivere cose interessanti (meglio ovviamente se le due cose sono presenti insieme) di per sé non implica più la garanzia di alcunchè.

Quindi, se avete scritto un libro, indipendentemente dai suoi contenuti, e desiderate pubblicarlo, qual è la via più giusta o più semplice per farlo?
Ovviamente io non conosco la risposta. O meglio le risposte sono molteplici. Non c’è una “via più giusta” ne tantomeno una via “più semplice”.
Ognuno deve trovare la propria, in base alle sue esigenze, alla sua esperienza, alla sua caparbietà ed alle sue conoscenze nel settore. In parole povere ognuno deve trovare la sua personale “via”, che può essere magari anche la più difficile e tortuosa, l’importante è che porti all’obiettivo che ci siamo prefissati. Pensare di poter dare consigli generici adattabili a chiunque sarebbe quantomeno presuntuoso, oltre che decisamente utopistico.
Tuttavia ci sono delle considerazioni che possono essere fatte, così come esistono spunti di riflessione dai quali partire, per non annaspare completamente nel buio e che si possono considerare utili in linea generale, quindi adattabili un po’ a tutti, a dispetto di quanto premesso.
Un primo buon consiglio potrebbe essere quello di iniziare guardando dentro di noi. Probabilmente scrivete già da tempo, magari avete anche già scritto molte cose e rileggendole vi accorgete che le cose migliori sono le ultime che avete scritto, perché “prima” eravate ancora un po’ acerbi. Questa sensazione può inseguirvi all’infinito, troverete sempre migliori le ultime cose fatte. Questo è naturale, ma può avere anche una diversa spiegazione.
Cosa volete scrivere? Qualcosa che vi appassiona e vi piace, certo, ma siete sicuri di padroneggiare in modo esaustivo l’argomento del quale scrivete? A meno che non si tratti della vostra biografia, ovvio, c’è sempre uno studio di base da compiere, informazioni da raccogliere, nozioni da apprendere e consigli da richiedere. Tutti pensiamo che sia facile scrivere un giallo, un racconto di fantascienza o una storia d’amore. Ma siete dei criminologi voi? Siete degli scienziati? Oppure avete un bagaglio di esperienze personali tale da poter riempire pagine e pagine di emozioni senza scadere nel banale e nel già letto?
Se avete risposto “no” ad almeno due domande su tre allora forse state già riflettendo.
Tutti abbiamo dei limiti, delle attitudini e delle capacità. Scrivere di quello che conosciamo meglio è la migliore garanzia che la nostra opera sarà corretta, ricca di dettagli e contenente tutti quei particolari che la renderanno “vera” anche agli occhi dei lettori più attenti.
Se proprio non possiamo, o non vogliamo, farlo allora dobbiamo trovare qualcuno competente nell’argomento del quale vogliamo parlare. Qualcuno che possa consigliarci, indirizzarci al meglio e alla fine magari anche leggerci e correggerci, a garanzia che quanto abbiamo scritto sia effettivamente qualcosa di buono e di corretto, almeno sotto il profilo della documentazione.
Una cosa questa non semplice per tutti. Mettiamo che vogliate scrivere un romanzo psicologico che parli delle sensazioni provate da un’astronauta solo nel vuoto siderale… a meno che non ne conosciate uno di persona sarà difficile “immaginarsi” dettagli credibili, magari cercando qualcosa su internet.
Quindi, se proprio lo volete fare, dovete prima documentarvi, documentarvi e documentarvi. Esisteranno libri che trattano l’argomento, ci saranno interviste, films, documentari dai quali prender spunto. E quando vi sembrerà di aver raccolto abbastanza materiale catalogatelo, separate quello che davvero vi serve (ne sarà rimasto poco) dal tanto materiale inutile e poco originale che non vorrete utilizzare e… ricominciate a cercare. Qualcosa vi sarà sfuggito e sicuramente vi potrebbe essere utile.
Non iniziate mai a scrivere senza esservi documentati e preparati a fondo. Potete metterci la tecnica, potete metterci la passione, ma si vede se non sapete di cosa state parlando. Il lettore potrebbe saperne più di voi sull’argomento e se tentate di ingannarlo “sparando a caso” vi scopre subito e la vostra credibilità è finita, insieme alla sua voglia di proseguire nella lettura del vostro lavoro. Se poi il vostro “lettore” è l’editor di una casa editrice, anche la speranza di pubblicare il vostro libro è finita e tutto il vostro sudore sarà stato versato inutilmente.
Seguendo lo stesso filo logico che abbiamo sopra esposto ecco che possiamo fare un’ulteriore passo avanti nel definire il nostro libro interrogandoci anche su altri aspetti. Spesso sono aspetti che uno scrittore pieno di passione non considera, preso com’è dal “sacro fuoco” di comporre, ma che tuttavia sono determinanti:
A chi si rivolgerà il mio libro? Non si può fare un libro “per tutti”. Devo decidere se lo leggerà un pubblico adulto o se sarà rivolto a dei bambini, se voglio attrarre un pubblico che vuole leggere di sesso/sangue/catastrofi oppure se intendo rivolgermi ad un pubblico che non ne vuole sentir parlare e che predilige magari cose ironiche o sentimentali.
Questi aspetti determinano il “linguaggio” che dovrò usare nello scrivere il mio libro ed i “limiti” che dovrò rispettare (oppure sistematicamente infrangere) per non allontanarmi dal mio target (il mio pubblico potenziale).
Inoltre dobbiamo considerare che tutti gli editori hanno delle “linee editoriali” all’interno delle quali la vostra opera dovrà collocarsi. Ne parleremo anche più avanti, ma se decidete di scrivere una storia per adolescenti, mantenendovi all’interno di determinati canoni di stile e di contenuti, è ovvio che non potrete presentarvi da un’editore che pubblica una linea di libri dal contenuto più marcatamente erotico e chiaramente destinato ad un pubblico adulto sperando che questi vi possa minimamente prendere in considerazione.
Linguaggio e contenuti devono essere armonizzati, oltre che funzionali alla storia, ed in linea con le cose pubblicate dal vostro editore. Il tutto sempre salvaguardando quella componente minima di originalità della vostra storia che la renderà interessante e meritevole di essere presa in considerazione.

In definitiva "scrivere per voi", mettendoci quello che più vi piace senza soffermarvi su di una preventiva "progettazione a tavolino" della vostra opera e senza curarvi troppo della veridicità di quanto scrivete, può essere molto gratificante. Fatelo senza problemi se il vostro unico scopo è quello di autocompiacervi e di gratificarvi a posteriori, quando rileggerete e vi sentirete piani d'orgoglio per quello che siete stati capaci di fare. Non c'è nulla di male o di sbagliato in questo. Ma se desiderate che il vostro lavoro sia valutato ed apprezzato da altri ("esterni", che non siano la mamma o il fidanzato...), desiderando pubblicare e quindi in definitiva cercando qualcuno che sia disposto a tirare fuori dei soldi (rischiando di suo) per pubblicarvi, allora fermatevi a riflettere e a pensare bene a "cosa" intendete fare e a "come" e "per chi" intendete farlo. Può sembrare banale, ma invece è fondamentale. Se sbagliate impostazione dell'opera, linguaggio adottato od esposizione del tema vi sarete bruciati molte delle vostre possibilità, indipendentemente dalla bontà delle vostre idee e dalla passione che ci avete messo per realizzarlo.

 


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Come diventare scrittori?
 

Facciamo un premessa: se siete entrati in questo sito e state leggendo questo articolo probabilmente scrittori (nel senso di persona che scrive) lo siete già.
In questo articolo, dal punto di vista linguistico e grammaticale, non darò alcun consiglio perché non è di queste tematiche che intendo parlare. Queste basi (che sono i veri e propri “ferri del mestiere”) credo dovrebbero già essere acquisite in chiunque senta il desiderio di scrivere (con l’intento di pubblicare) e comunque esistono molte istituzioni (a cominciare dalle scuole) competenti e preposte a fornirvi tutti gli strumenti necessari.

Dunque qui parlerò di “come diventare scrittori” nel senso di arrivare alla pubblicazione di un libro, non necessariamente come scrittore professionista, ossia persona che riesce a vivere grazie a ciò che scrive, ma perlomeno come autore che, pur facendo un altro lavoro per vivere, possa venire apprezzato per aver pubblicato qualcosa che abbia venduto più di qualche copia.

Un’altra doverosa premessa è quella di non cercare qui consigli o “rimedi miracolosi” per pubblicare subito con grosse case editrici. Per far quello contano le cose che tutti possono ben immaginare, dalla conoscenza di persone importanti che possano in qualche modo agevolarvi all’avere accesso a mezzi di comunicazione di massa, che possano farvi conoscere al grosso pubblico e rendere appetibile quanto proponete. Evidentemente io non posso fornirvi un aiuto ne per l’una ne per l’altra cosa.

Dunque non resta che parlare di quali sono le caratteristiche che un buon scrittore deve possedere per poter aspirare a pubblicare (escludendo in questo momento l’editoria a pagamento sotto qualsiasi forma).

Prima di tutto la fantasia, basilare elemento che deve essere il primo ingrediente di un buon scrittore, indipendentemente da quello che intende scrivere. Poi la cultura, intesa sia come bagaglio linguistico e stilistico che come sforzo continuo nella ricerca, leggendo e imparando da altri autori e sforzandosi di apprendere sempre quanto più è possibile sugli argomenti dei quali vuole trattare. Infine la testardaggine, la convinzione che quanto si è prodotto vale e il rifiuto di arrendersi ai primi “no” ricevuti. Se ne riceveranno un sacco sempre e comunque, ma se quello che abbiamo scritto è valido e contiene tutti gli elementi giusti per essere pubblicato, prima o poi qualcuno se ne accorgerà e vi aprirà le porte.

Per gli scrittori emergenti non è facile farsi conoscere. Le case editrici ricevono centinaia di manoscritti e la possibilità che proprio il vostro venga letto, apprezzato e scelto è sicuramente esigua. Occorre presentarne prima di tutto bene il contenuto, con una lettera accompagnatoria che, senza essere un poema, affermi chiaramente il genere, il target di pubblico per il quale è pensato, e riporti una breve ma quanto più possible esaustiva sinossi del contenuto dell’opera. Concludere poi la presentazione con brevi note biografiche riferite all’autore e, naturalmente, tutti i vostri dati per poter essere contattati. Il tutto in non più di due pagine (massimo) per non giocarvi la possibilità che venga letto. Se il tema trattato è particolarmente interessante per l’editore che contattate (perché rientra nei suoi interessi, nella sua linea editoriale o in specifici settori / argomenti nei quali l’editore è attivo) ponete l’accento su questi aspetti, incentrandovi la presentazione del libro.

Infine informatevi sempre se l’editore chiede di visionare l’opera integrale o solamente una parte di essa, in quale formato (cartaceo o digitale) e con quali modalità, pena il cestinamento di quanto inviato.

Non rinunciate poi a fare un po’ di public relations ogni volta che potete, presenziando a fiere ed avvenimenti di settore, nelle quali è sempre possibile contattare di persona gli editori e parlare loro della vostra opera, cercando di presentarla al meglio. Può essere senz’altro un inizio migliore rispetto ad una asettica presentazione buttata giù senza convinzione.

 

 



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Editoria a pagamento
 

Apparentemente sembra essere l’unica via accessibile agli aspiranti scrittori alle prime armi. Prima o poi, stanchi di ricevere dei rifiuti (o, più sovente, un silenzio di equivalente significato), molti autori giungono a considerare la possibilità data dall’editoria a pagamento, pur di veder pubblicata la propria opera.

Certamente l'ambizione di vedersi pubblicati è più che legittima, anche quando la vostra opera non ha suscitato nessun interesse negli editori ai quali vi siete rivolti. Se poi vogliamo dirla tutta ci possiamo anche aggrappare al fatto che numerosi autorevoli esempi di grandi opere furono all’inizio scartate da editori dotati di una certa miopia. Questa consapevolezza, se da una parte non deve giustificare eccessive aspettative, dall’altra autorizza l’autore a sperare, cosa del tutto legittima e anche comprensibile.

Per una autore esordiente rivolgersi ad un editore che pubblichi la sua opera dietro un pagamento (più o meno cospicuo), rimane quindi una scelta giustificabile, anche se la scelta di pubblicare a proprie spese dovrebbe essere considerata sempre come extrema ratio.

L’altro lato della medaglia è rappresentato dal fatto che, se un autore crede fermamente nella validità di quanto ha scritto, la scelta di autofinanziarsi la pubblicazione costituisce una coraggiosa scommessa su se stessi e permette di sottoporre alla prova del mercato (giudice ultimo della validità e del successo di un’opera) i propri scritti. Anche in questo caso esistono opere di grande valore che sono state inizialmente pubblicate a spese dell’autore (in epoche recenti).

Tuttavia non mancano certamente le insidie anche per chi sceglie di seguire questa strada e, se anche la decisione in sé potrebbe essere quella giusta, la scelta dell’editore cui affidarsi e del servizio che questi è disposto a dare sono fondamentali.

La cosa più importante da sapere è questa: se decidete di affidarvi ad un editore che pubblichi a pagamento verificate sempre che questi garantisca almeno un minimo di distribuzione e di promozione dell’opera, facendovi spiegare sempre bene le modalità e mettendole per iscritto.

Il rischio concreto è quello di imbattersi in editori che si limitino a stampare un migliaio di copie della vostra opera per poi recapitarvele al vostro domicilio. In tal caso sareste voi a dovervi occupare della distribuzione e della promozione della vostra opera, compito praticamente impossibile.

Ora, se l’autore non ha difficoltà economiche e desidera pubblicare soprattutto per mostrare il libro ad amici e conoscenti, autogratificandosi nel poter mostrare “concretamente” il frutto del proprio lavoro, non esiste nemmeno il problema. La scelta è stata consapevole e il risultato conforme alle aspettative.

Ma se chi pubblica investe i propri risparmi per quello in cui crede, è importante che si cauteli contro la possibilità, purtroppo sempre presente, di divenire vittima di un raggiro (quando non di una vera e propria truffa).

Quindi, se proprio avete deciso di fare questo passo, dovete prima di tutto scegliere un editore che vi ispiri fiducia. Poi dovete verificare che questi si impegni a distribuire e promozionare la vostra opera, nei modi e limiti che avrete concordato. Rimane ora soltanto da stabilire quale sia un equo compenso per quello che vi offre.

Anche su questo punto è bene considerare alcune cose: pagare le spese di stampa (il costo vivo della stampa dei volumi) è probabilmente l’oggetto del vostro contratto e ci può anche stare. Pagare invece una cifra superiore, alle volte anche di molto, è invece una cosa assolutamente da non fare.
Così facendo infatti l’editore ricaverà il proprio guadagno non dalle vendite del vostro libro, ma direttamente dalla sua pubblicazione (a spese dell’autore).
Che interesse potrebbe mai avere, a questo punto, di sostenere le spese di promozione e distribuzione, visto che il suo guadagno lo ha già realizzato?

L’editore deve fare l’editore e ricavare il suo guadagno dalle copie vendute. Già pagate voi le spese di stampa (sgravandolo quindi dei costi relativi), che senso avrebbe sborsare altri soldi?

Ricordatevi sempre che, purtroppo, se non siete conosciuti e non avete la possibilità di pubblicizzarvi su giornali importanti e/o in televisione, le vendite del vostro libro saranno sempre esigue e un editore questo lo sa perfettamente..

Parallelamente alla possibilità di pubblicare a pagamento esiste anche la strada dell’autoproduzione, ossia andare in tipografia e farsi stampare il proprio libro, oppure ricorrere ad una agenzia specializzata che vi segua in ogni passo del confezionamento del libro (cosa questa già un po’ più costosa).

Tuttavia, anche se questa scelta potrebbe consentire un risparmio e la certezza di non venir imbrogliati da nessuno, è bene tenere a mente che non si tratta certamente della scelta ottimale.

A parte l’ovvia osservazione che chiunque può farlo, e quindi non si diventa autori con un curriculum degno di nota pubblicando in questa maniera, esistono altri due aspetti da non sottovalutare:

primo, un libro che non è passato al vaglio del filtro di una casa editrice probabilmente non sarà un buon prodotto editoriale, in quanto non ha subito un giudizio critico (l’autore, se è convinto di quello che ha fatto, non si preoccuperà di ottenere un giudizio critico esterno prima di pubblicarlo)
ne avrà subito le fasi tipiche di un editing professionale (che include la revisione e la correzione delle bozze, ma anche lo studio e la realizzazione della copertina, la grafica e l’impaginazione).

secondo, forse ancora più importante, nessuno si occuperà per voi di distribuire e promozionare il libro, che quindi è probabilmente destinato a rimanere invenduto in un ripostiglio di casa vostra.

Per queste ragioni l’autoproduzione rimane, a mio avviso, una opzione sconsigliabile, pur rimanendo una tra quelle praticabili.

 

 

 

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Editing

Ne ho accennato giusto qui sopra, parlando dell’autoproduzione. Mi riferisco all’editing, parola di origine inglese che generalmente non viene tradotta in italiano (corrisponderebbe al termine “montaggio”, ma scritto così forse non riesce a rendere bene l’idea o, peggio ancora, la distorce). L’ingrato compito è generalmente svolto dall’ editor (e qui la traduzione potrebbe essere anche peggiore, in realtà consideria-molo semplicemente la figura dell’editore), il quale “opera” una revisione e, se il caso, una correzione di quanto avete scritto.

Probabilmente l’idea stessa di una “revisione” e di una “correzione” di quanto avete scritto vi avrà già fatto venire la pelle d’oca. Ed in effetti questo corrisponde proprio allo stereotipo tipico del rapporto fra “autore” ed “editor”.

Normalmente se l’editor propone delle modifiche al testo avrà le sue ragioni per farlo, ed altrettanto normalmente l’autore può avere le sue per rifiutarlo. Così si accendono conflitti nei quali nessuno dei due è più disposto a comprendere le ragioni dell’altro ed a venirne incontro alle esigenze.

Detto così sembrerebbe che il lavoro di editing sia un qualcosa di tragico al quale l’autore si debba sottrarre per forza, usando tutte le proprie forze per non cadere nella “trappola”.

Per fortuna invece non è così, anzi. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di focalizzare per bene cosa è “editing” e cosa invece non lo è.

Prima di tutto l’editor non è un semplice correttore di bozze. Spesso interviene a ragion veduta sul contenuto del testo al fine di sistemare passaggi poco chiari, sopperire a delle mancanze della trama o rendere la lettura più appetibile per il particolare tipo di lettore al quale la pubblicazione viene indirizzata.

Sotto questi aspetti il lavoro dell’editor rende un servizio all’autore, migliorandone l’opera in aspetti ai quali l’autore, preso dall’esigenza creativa/narrativa del comporre, non aveva prestato forse la dovuta attenzione. Non sono rari i casi in cui un autore, magari per una svista o per una rilettura poco attenta, finisce per sconfessare quanto scritto duecento pagine prima. In altri casi capita invece di confondere i nomi dei protagonisti o di farsi prendere dal desiderio di inserire un colpo di scena spettacolare e altamente originale, che però stride nettamente con la linearità del racconto compromettendone la lettura.

Compito dell’editor è quello di mettere a posto tutte quelle cose che apparentemente non lo sono, per confezionare un prodotto più professionale e esente, per quanto possibile, da errori grossolani.

Questo è editing.
Quando invece un editor si spinge fino a “consigliare” all’autore di cambiare la trama di un libro (o addirittura vi apporta personalmente profondi cambiamenti), quando chiede di cambiare radicalmente i personaggi, quando chiede di cambiare l’inizio oppure la fine del libro, quando chiede di cambiare l’ambientazione o il periodo storico o quando pretende di riscrivere gran parte del testo, buttando quello che gli pare e aggiungendovi quello che gli fa comodo…. questo non è editing.
Gli si possono trovare molti altri nomi (a voi la scelta, potete sbizzarrirvi con la fantasia) ma non si tratta più di editing.

Tra questi due estremi, uno positivo del quale il vostro lavoro può solo giovarsi ed uno negativo che dovete sdegnosamente rifiutare, sta a voi trovare il compromesso più accettabile per far convolare a giuste nozze le vostre aspettative e quelle dell’editore.

Infatti, in conclusione di quanto visto, dobbiamo fare un’ultima, opportuna, considerazione: nel mondo dell’editoria in passato è stato, attualmente è, e in futuro continuerà ad essere sempre così. Da sempre tutti gli editori, grandi o piccoli che siano, apportano ai libri pubblicati tutte quelle modifiche ritenute da loro opportune per le ragioni più varie: a volte per motivi di mera censura, altre perché nella convinzione che, con le loro modifiche, il libro sia migliore ed abbia un miglior potenziale di vendita.

Certamente, in linea di principio, questo comportamento non è giusto nei confronti dello scrittore e della sua creatività, ma bisogna considerare che, quando è l’editore che paga, un compromesso và forzatamente accettato, pena l’esclusione del libro dalla pubblicazione.

In tante occasioni poi le modifiche proposte sono più che giustificate e alla fine riescono a trarre il meglio dal lavoro dell’autore, ampliando quei limiti che, per inesperienza, predisposizione caratteriale o limitazione culturale personale, l’autore non è riuscito da solo a superare.

Compito dell’autore, in conclusione, è anche quello di accettare i consigli di chi opera nel settore da anni, poiché i libri si scrivono si con il cuore, ma si vendono con il cervello e soprattutto con le necessarie conoscenze del mercato.

 

 

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Il racconto breve
 

Il racconto breve è un genere a sé. In un momento temporale nel quale la crisi dei lettori (specie in via d’estinzione a sentir molti), sembra motivata anche e soprattutto dal “poco tempo” a disposizone per leggere, il racconto breve è un genere narrativo che può benissimo venire in soccorso di chi, pieno di buone idee, ha a sua volta “poco tempo per scrivere” oppure non riesce a dilatarne il contenuto fino a riempire pagine e pagine alla ricerca del romanzo.
Inoltre il racconto breve si proporrebbe come ideale punto d’incontro tra il lettore alla ricerca della lettura rapida e poco impegnativa e lo scrittore esordiente che non ha ancora i mezzi per puntare ad un racconto ben più corposo ed articolato.

Un buon racconto breve può anche essere un’ottimo punto di partenza per scrittori che, incapaci di farsi pubblicare una propria antologia di racconti, possono più agevolmente inserirsi in progetti editoriali che prevedano la pubblicazione di raccolte alle quali partecipino diversi autori.

Ci sono molti ed apprezzati autori, specie nel mondo anglosassone, che non disdegnano affatto di pubblicare ogni tanto racconti brevi, anche se hanno già alle spalle personali affermazioni ottenute con numerosi romanzi di successo.

Analizzando più nel dettaglio il genere narrativo, il racconto breve presenta anche affascinanti spunti, tali da farlo preferire al suo fratello maggiore, perlomeno da parte di chi si esercita con la scrittura e non si sente ancora in grado di padroneggiare trame complesse con intrecci e personaggi ben delineati che si dipanano per trecento-quattrocento pagine senza annoiare il lettore.

Nel racconto breve le regole hanno confini più sottili e non è affatto necessario gestire puntigliosi studi caratteriali dei personaggi e monumentali studi sulle ambientazioni, usi e costumi, del periodo storico di riferimento.

Lo scrittore può trovare qui ampia libertà creativa, espimendo tutto il proprio estro e azzardando invenzioni, piccoli esperimenti narrativi o introducendo  anche piccoli controsensi, fiducioso che difficilmente questi saranno causa di ire o dell’abbandono della lettura da parte del lettore, essendo i racconti composti perlopiù di poche pagine.

Per questo i racconti brevi sono un’ottima palestra per l’esordiente, certo che proprio la stessa brevità ne favorirà la lettura. Tuttavia la non facile arte del racconto breve obbliga a condensare in poche pagine la massima intensità narrativa convogliando pensieri, emozioni, concetti e personaggi in una trama che, pur minimale, rimanga però trama a tutti gli effetti.

Il bravo scrittore riuscirà a delineare i propri personaggi senza ricorrere a lunghe ed elaborate descrizioni (non servono e rallenterebbero il ritmo di lettura) ma giocando sui particolari in grado di attrarre l’attenzione dei lettori, colpendone l’interesse ed incatenandolo alla lettura, con il dichiarato intento di indurre il lettore a non smettere di leggere prima della fine della storia.

L’unica regola è quella di cercare con determinazione di dare al proprio racconto una forte impronta di personalità, cercando di renderlo una piccola perla, unica e distinguibile in mezzo a migliaia di altri. L’intensità narrativa della storia, più che la trama o l’argomento in se, devo stimolare il lettore rivelando una profondità di narrazione impossibile da raggiungere in un romanzo.

Queste sono le peculiarità tipiche del racconto breve in grado di farne un genere letterario di tutto rispetto, a dispetto delle sue ridotte dimensioni.

 

 

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Il romanzo
 

Il romanzo è la forma letteraria forse più complessa, quella che possiamo considerare il punto più alto raggiungibile da uno scrittore. Abbiamo visto in altri capitoli le regole principali per scrivere poesie, o racconti brevi.

Questi due generi letterari sono accomunati da una caratteristica: la brevità dei testi. Che siano risolti in poche righe oppure in poche pagine poco importa: di fatto si richiede all’autore, oltre a padroneggiare inventiva e creatività, di avere capacità di sintesi e proprietà di linguaggio. Amalgamando questi quattro requisiti e filtrandoli in base alla propria sensibilità ed esperienza l’autore è in grado di pervenire ad un risultato. Qualunque autore e naturalmente anche qualunque risultato. Gli esiti, siano essi racconto o poesia, possono non risultare capolavori letterari, ma sempre di racconto o di poesia si tratterà, se l’autore ha quel minimo di cognizione che gli consente di distinguere tra i due generi e di esprimersi secondo i canoni propri del linguaggio richiesto.

Il romanzo presenta delle difficoltà in più. La storia ed i personaggi devono reggere per molte più pagine ed occorre impostare il lavoro in modo molto preciso, per evitare di cadere in contraddizioni o di generare un minestrone nel quale gli ingredienti, magari pur validi se giudicati singolarmente, finiscano per amalgamarsi in modo insipido.

Nella stesura di un romanzo occorre saper tenere a freno le proprie emozioni e il desiderio di “arrivare subito al dunque” presentando sensazionali colpi di scena. Questo approccio si addice al racconto breve, che deve creare un clima e raggiungere il pathos in poche pagine, per poi concludersi lasciando il lettore, ancora in preda alle emozioni, a soppesare attentamente quanto letto. Ma questo può riuscire solamente perché il racconto è condensato in poche pagine e probabilmente il lettore riuscirà a leggerle in un’unica volta, facendosi travolgere dalle emozioni che avrete saputo sapientemente trasmettergli.
Addirittura è possibile iniziare a scrivere un racconto senza avere nessuna idea di come sarà il finale dello stesso (o magari avendone in mente solamente un vago abbozzo), farsi trascinare dalla forza della propria fantasia e deciderne solo all’ultimo il finale, stupendo magari anche se stessi.
Questo non si addice assolutamente al romanzo. Il romanzo va studiato nei minimi dettagli a tavolino, prima ancora di iniziare a scrivere.

Le domande da porsi sono le seguenti:
- A quale genere apparterrà il mio romanzo (Storico, Fantasy, Horror, Giallo, Sentimentale, etc.)? Fondamentale. Il vostro romanzo deve riconoscersi in un genere, se vorrete avere dei lettori e magari trovare un editore. I minestroni basati sulla commistione di più generi, per quanto ben realizzati, hanno molte più difficoltà ad essere pubblicati.
- A quale pubblico intendo indirizzare la mia opera (adolescenti, adulti, gente comune, pubblico generalmente colto o pubblico specializzato o addirittura esperto)?
- Conosco a sufficienza e in maniera approfondita gli argomenti dei quali intendo parlare? O necessito di ulteriore studio o magari di consulenza? Se decido che il mio protagonista sia un coroner e che ai fini della storia costui debba eseguire varie autopsie, a meno che non ne abbiate fatta già una personalmente, forse avete bisogno di acquisire alcune nozioni per essere convincenti nelle vostre descrizioni. Il vostro scopo è di essere quanto più possibile realistici e convincenti, per superare anche lo scetticismo di un medico che magari ne ha personalmente fatta ben più di una.

Ultimato l’esame di coscienza realtivo ai pre-requisiti del vostro romanzo si apre un’ulteriore fase della sua progettazione: quella nella quale vi sarà molto utile delineare i vari personaggi (almeno il protagonista e quelli principali) con una piccola scheda che vi aiuti a non confonderli e a non contraddirvi nel descriverli o nel farli “recitare”. In funzione della storia e di quanto vi servirà indagare può essere utile inserire nella scheda qualcuno di questi elementi:
- Quanti anni ha?
- Breve descrizione fisica, occhi, capelli, peso corporeo, statura.
- Come veste?
- Situazione economica o sentimentale.
- Aspetti caratteriali, segno zodiacale, piccole manie.
- Lavoro, Hobby, aspirazioni.
- Rapporti con l’altro sesso e più in generale con gli altri. Se serve anche con gli animali.

E via discorrendo, inserendo tutto quanto sarà utile ricordare da qui in avanti (potrebbe essere un licantropo oppure un vampiro, un principe slavo o un ex-marine, un mago o un mendicante, oppure ancora un uomo politico, nel qual caso è utile indicare a quale schieramento appartiene e quali sono le sue idee politiche. Le cose che può essere utile sapere di lui sono infinite, ma generalmente una quindicina di caratteristiche sono più che sufficienti per inquadrare per bene un personaggio, ai fini del nostro romanzo).

Poi viene la trama. Potrebbe essere complessa e piana di colpi di scena, ma inevitabilmente rischierà di contenere anche pause e cadute di stile. Per evitare che una trama complessa si avviti su se stessa senza che riuscite più a trovarne il bandolo della matassa è utile che il suo andamento vi sia ben chiaro prima di iniziare a narrarla. Fatene uno schema, definitene i punti chiave ed i passaggi per arrivarci, progettate come inserire quello che serve in modo che si amalgami a tutto il resto e che ogni cosa occupi il suo giusto spazio. Gli avvenimenti che tengono desto l’interesse del lettore (i punti di interesse della storia) devono essere uniformememnte ripartiti lungo l’arco della stessa, ad intervalli abbastanza regolari e ravvicinati, per evitare che il lettore annoiato smetta di leggere.

L’ultima cosa da considerare (in grado però di influenzare la leggibilità ed il grado di coinvolgimento del lettore lungo tutto l’arco della vicenda) è il modo di scrivere il vostro romanzo:

La scelta è ristretta fra il raccontare la storia in prima persona (di solito molto coinvolgente per chi legge, ma per contro richiede doti di bravura non comuni per risultare efficace), il raccontare in terza persona (meno coinvolgente, ma più facile da scrivere) od utilizzare l’espediente del narratore, coinvolto nella storia solo marginalmente ma di fatto esterno ai fatti.

Vediamo un po’ più nel dettaglio:
La prima persona è un metodo di narrare molto coinvolgente, in grado di far partecipare il lettore alle emozioni del protagonista (nel quale spesso finisce per immedesimarsi). L’efficacia massima la si raggiunge narrando come se il protagonista si rivolgesse ogni volta direttamente al lettore, facendolo diventare parte della storia. Questo stile narrativo diventa quasi indispensabile se il romanzo dovrà avere una connotazione autobiografica o semi-autobiografica in quanto l’autore deve far sentire con forza di essere lui stesso il protagonista dei fatti narrati.
Non è poi così difficile abituarsi a scrivere in prima persona, se pensiamo che anche nella vita reale siamo abituati a raccontare i fatti in prima persona. Difficile è immedesimarsi e lasciarsi trasportare dai propri sentimenti, mantenendo comunque sempre il controllo su quanto si sta scrivendo.

La terza persona è un modo di scrivere utilizzato per dare contenuti meno intimistici, suggerendo un certo distacco fra lo scrittore ed il protagonista. Spesso è utilizzato anche per suggerire che esiste un distacco fra le idee del protagonista e quelle dello scrittore stesso, il quale narra i fatti ma non ne condivide gli ardori. Scrivere in terza persona è comodo quando la storia prevede la presenza di più personaggi e la necessità di non concentrarsi su di un solo punto di vista. Il distacco consente di narrare la storia in modo mirato e consono alle caratteristiche di ogni personaggio, senza confondere il lettore e senza obbligare ad acrobazie stilistiche lo scrittore per non essere frainteso.
Può essere inoltre più idoneo in funzione del tipo di storia scelta e dell’attitudine a narrare dello scrittore.

Il narratore esterno è una via di mezzo fra le due e anche una comoda scorciatoia. Con questo metodo di narrazione lo scrittore diventa parte della storia, immedesimandosi in un piccolo personaggio esterno ai fatti che non apparirà mai concretamente nella storia, ma che conosce sempre tutto di tutti permettendo di suggerire al lettore l’interpretazione dei fatti senza dover inscenare lunghe e noiose spiegazioni. Questo folletto dispettoso può anche di volta in volta inserirsi nella testa di ogniuno dei personaggi e carpirne i pensieri e le intenzioni meno manifeste, presentando dei grossi vantaggi allo scrittore che potrà sempre gestire a suo piacimento apprensioni e sentimenti, rendendone partecipe il lettore in modo diretto.

Quale che sia la vostra scelta dovrete tener conto delle vostre attitudini, del tipo di storia che vorrete raccontare e del tipo di lettore che vorrete attrarre.

Amalgamere questi elementi e scegliere lo stile narrativo che più si addice è fondamentale per non ritrovarvi fra le mani duecento pagine di storia da dover riscrivere perché vi accorgete solo a posteriori che così non funziona!


 

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Poesie
 

Come si scrive una poesia? Sembra una domanda ingenua, forse banale… ma… esiste un metodo migliore per farlo? Ci sono regole da rispettare? Queste ed altre domande sono legittime in chi aspira a scrivere poesie e si ritrova alle prime armi e assillato dai dubbi.
Prima di tutto bisogna chiarire cos’è un poeta. La poesia è diversa dagli altri generi letterari principalmente perché non richiede particolare preparazione in specifici argomenti tecnici, lavoro di documentazione, elaborazione di una trama più o meno complicata, definizione dei personaggi o ricerche sull’ ambientazione. La poesia è introspezione, ricerca nell’animo, indagine prima di tutto in se stessi. Il poeta è uno scrittore dell’anima. La poesia richiede doti di sensibilità, umiltà, e predisposizione interiore. Non ci si improvvisa poeti se non lo sentite nell’animo. Provateci pure, ma difficilmente otterrete risultati apprezzabili, se non da voi stessi unicamente.
Poi c’è la tecnica. Ma prima di analizzarla nel dettaglio mi sento di dire questo: se sentite nell’animo il desiderio di scrivere e quello che scrivete è frutto di quello che avete dentro, allora probabilmente è poesia. Indipendentemente dal fatto che ne conosciate la metrica e i principi tecnici rigorosi. Mettere su carta le emozioni e riuscire a trasmetterle ad altri è poesia. Ma scrivere poesie con l’ambizione di pubblicarle è invece un’altra cosa.
Sono molte le cose da dire su questo specifico genere letterario, forse più di quante ne immagini chi la poesia non la tratta o non la capisce. Adesso vedremo di analizzarne gli aspetti principali, a cominciare dalle basi della poesia classica, che possiamo così riassumere:
Scrivere in versi: il verso è l’unità metrica fondamentale della poesia. La poesia è composta di frasi brevi e di “a capo”. Andare a capo è fondamentale altrimenti si sta scrivendo prosa, non poesia. Ma non si può andare a capo a casaccio. Bisogna farlo con cognizione di causa, in base allo stile ed alla metrica che si è deciso di adottare.
Metrica: ecco, la metrica, appunto. La metrica rappresenta l’insieme di regole da seguire nello scrivere una poesia. Può essere libera e quindi seguire l’inclinazione di uno stile personale, ma spesso è invece indispensabile suddividere il testo in terzine e quartine (tipicamente in un sonetto).
Linguaggio: un altro dei punti cardine. Scrivere poesie adottando un linguaggio comune (tipico di chi parla e normalmente usato in altri generi letterari) vuol dire comporre prosa. E non basteranno gli “a capo” per mutarla in poesia. La poesia richiede un linguaggio nel quale siano presenti figure retoriche e/o rime. Inoltre tenete sempre a mente che la poesia è l’arte di trasmettere significati (messaggi, emozioni) utilizzando il suono delle parole e il ritmo delle frasi. In questo la poesia è parente della musica.
Grammatica e punteggiatura: in generale le regole della grammatica italiana volgono anche per la poesia. Evitate di stravolgere parole e verbi alla ricerca di neologismi che soddisfino la vostra creatività. La cosiddetta “licenza poetica” è un eccesso che talvolta può essere tollerato, non una regola fissa. La punteggiatura poi è essenziale per dare il ritmo di lettura. Posizionare male un punto o una virgola può far perdere di efficacia un verso. Per questo ne và valutato attentamente l’inserimento (assolutamente necessario).

Naturalmente, oltre a quanto sopra citato (e che potete approfondire cercando altrove più esaustive indicazioni relativamente alle singole voci) occorre un’ultima cosa, che rappresenta invero la base dipartenza: l’ispirazione. Non scrivete se non siete ispirati e non scrivete tanto per scrivere. L’ispirazione è figlia di un preciso stato d’animo e di un preciso momento. Quando vi accorgerete di averla produrrete le cose migliori. Quando vi sentite stanchi o aridi non scrivete. Perdereste solo il vostro tempo e la fiducia nelle vostre capacità.
Poesie e potica: la poesia è un genere letterario che si compone di molte sottocategorie, dai poemi ai sonetti, passando per le ballate e via dicendo. Ci sono numerose varianti che attendono solamente di essere esplorate a fondo e delle quali si sta progressivamente perdendo la conoscenza presso il grande pubblico.
In ogni caso, prima e parallelamente allo studio della tecnica (che è questione altamente consigliata a chi vuole seriamente comporre poesie) soffermatevi su aspetti ugualmente importanti:
- Cosa volete comunicare?
- Quali aspetti vi stanno maggiormente a cuore?
- Volete parlare di voi, indagare su aspetti della vostra personalità, esternare qualcosa che desiderate far conoscere agli altri, oppure comunicare le vostre esperienze di vita?
- O preferite affrontare temi sociali, valori universali (l’amore, etc.) o morali, sui quali volete dire la vostra?
Potete anche parlare di tutto questo insieme (a patto di alternare di volta in volta gli argomenti!) ma capire quali argomenti vi permettono di esprimervi al meglio è fondamentale. Componete per voi, non perché siete stati obbligati a farlo, quindi è giusto che parliate di quello che maggiormente avvertite come vicino al vostro modo di essere, di pensare e di vivere.
A conclusione della nostra carrellata sulla poesia non resta quindi che affrontare il tema più scottante: volete pubblicare il frutto delle vostre fatiche, quei versi che adorate e che vorreste far conoscere al mondo intero? Purtroppo in Italia non è semplice.
Gli editori italiani faticano a pubblicare raccolte di poesie. La ragione principale è che la poesia non vende. Drammatico, ma vero. Pochi in italia acquistano libri di poesie e rientrare dei costi per gli editori (anche per quelli specializzati) è difficile. Per questo non vogliono investire e chiedono sovente contributi agli autori che vogliono pubblicare, spesso arrivando a far pagare all’autore, oltre all’intero costo della pubblicazione, anche qualcosa di più (vedi considerazioni generali già esposte per l’editoria a pagamento).
Per un esordiente l’unica alternativa possibile in italia oggi, per sperare di pubblicare poesie senza doverne sopportare i costi, è quella di partecipare ai vari concorsi e premi letterari che le varie associazioni culturali e case editrici spesso propongono. Vincerne uno, o venir segnalati tra i finalisti è un modo per vedere pubblicata qualche vostra opera. Magari solo una, insieme a quelle di altri autori, ma è comunque un inizio.
Inutile però negare il fatto che ci possono volere anni di tentativi e moltissima pazienza, prima di poter pubblicare qualcosa. Ma questa è l’unica via senza accettare la scorciatoia della pubblicazione a pagamento. Se in Italia infatti esistono numerosi editori disposti a pubblicare narrativa senza chiedere contributi, è purtroppo vero che per la poesia la richiesta di un contributo è praticamente la norma.
Un’ultima considerazione prima di chiudere: se la vostra intenzione è quella di scrivere poesie per guadagnare soldi allora forse è meglio se pensate di fare qualcosa d’altro. Se invece la vostra esigenza è quella di pubblicare per farvi leggere allora potete anche pensare alla pubblicazione on line, su di un sito (come www.desideriodiscrivere.it) oppure in un vostro blog personale.
Non costa nulla e riserva buone soddisfazioni, se riuscirete ad attrarre i lettori che meritate.

 

 

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Come promuovere il proprio libro
 

… piacerebbe saperlo anche a me!
Scherzi a parte, questa è la nota più dolente di tutto il discorso. Ipotizziamo che, dopo mille sforzi, mille peripezie ed in qualunque modo (editoria a pagamento, autoproduzione, casi più fortunati in cui si è riusciti a pubblicare con la sola partecipazione alla spese di stampa) siamo riusciti a pubblicare il nostro libro.

Nel caso di uno scrittore esordiente la triste verità è che ora vi ritrovate con un certo numero di copie sul groppone da affibbiare a parenti ed amici (con il problema di farsi pagare, così magari finisce anche più di una copia la regalate pure). E’ triste dirlo così, ma purtroppo pubblicare un libro (che pure è già una grossa impresa) rappresenta la minor parte del problema. Il difficile è promuovere il libro e riuscire a venderlo.

Non a caso la distribuzione di un libro (che comporta la sua capillare diffusione) e la sua promozione, sono i punti cardine dell’editoria e rappresentano il grande problema (dal punto di vista dell’esborso economico) anche degli editori, che si vedono “mangiare” gran parte degli utili e si ritrovano a dover gonfiare il prezzo di copertina per poterne riassorbire gli ingenti costi.
Difficilmente il primo libro di un autore sconociuto riuscirà a dare importanti riscontri in termine di vendite (e di guadagno), sia all’editore che al suo autore.
Questo ormai credo lo abbiate capito, se avete letto tutto quanto ho scritto fin qui. Tenete presente che anche gli editori lo sanno benissimo (e da questo presupposto nasce il fenomeno dell’editoria a pagamento).
Il vostro libro può essere bellissimo, e ai vostri amici è piaciuto un sacco, ma se il pubblico non ne viene a conoscenza come pensate di riuscire a vendere le centinaia di copie che vi sono rimaste (e che rappresentano il numero minimo per raggiungere un costo di stampa decente, sopra il quale il costo/copia eccessivo del libro lo renderebbe del tutto invendibile)?

Purtroppo le librerie sono stracolme di titoli e nessuno ha il tempo di ricercare, tra le centinaia di volumi e le decine di autori esordienti che le affollano con le loro pubblicazioni, il libro di qualità (che potrebbe essere proprio il vostro) meritevole di essere acquistato. Così il mercato è preda della pubblicità ed i titoli più ricercati e venduti sono solamente quelli che sono riusciti a farsi conoscere presso il grande pubblico (e questo indipendentemente dal loro valore letterario). Riviste, quotidiani, periodici di settore, oltre naturalmente alla televisione (mai visto telepromozione di libri su “Striscia la notizia”, quando non addirittura nei telegiornali?), sono i veicoli pubblicitari più appetibili e di maggior ritorno, ma anche i meno accessibili.

Le piccole case editrici (ma anche le medie) non possono permettersene i costi. Giornali, televisioni e radio pretendono investimenti ingenti che non possono essere fatti per gli autori esordienti e/o per titoli dal dubbio ritorno economico.

Però oggi una via d’uscita c’è, ed è anche molto economica, pur riuscendo potenzialmente a raggiungere anceh il grosso pubblico. Sto parlando di internet, il più grosso veicolo commerciale del momento, la vetrina grazie alla quale anche il mio sito può esistere ed i miei libri essere presentati a chi mi sta leggendo. Anche senza avere un proprio sito è possibile, tramite blog, forum, librerie on line (anche quelle che offrono la stampa di libri-on-demand) raggiungere un numero elevato di potenziali lettori e iniziare a farsi conoscere.

Ogni iniziativa spetta a voi. Se la casa editrice che vi ha pubblicato non vi ha garantito la distribuzione / promozione della vostra opera, sapete già in partenza che non farà nulla. Ma anche chi, più onestamente (e coraggiosamente), vi ha promesso tale attività lo potrà fare solo limitatamente ai propri mezzi, che andranno adeguatamente suddivisi fra tutti i titoli da promuovere fra quelli presenti a catalogo. Quindi, in definitiva, non aspettatevi troppo nemmeno in questo caso. La promozione sarà minimale, avverrà per un breve periodo di tempo e verrà dirottata quanto prima verso la promozione del titolo successivo.

Ergo, tocca nuovamente a voi. Solo voi avete l’interesse a puntare tutto sul vostro titolo ed a promuovere esclusivamente quello (perlomeno fino all’uscita del prossimo, se ce ne sarà uno).

Un primo, importante, passo potrebbe essere quello di farvi recensire il libro.
Chiaramente anche qui procediamo in una giungla inesplorata. Se è certo che riviste o quotidiani non lo facciano a titolo gratuito, nemmeno in internet troverete disinteressati filantropi pronti a supportarvi. Tuttavia, partendo da siti/forum/blog meno conosciuti e più bendisposti a concedervi spazio (anche gratuitamente) potete iniziare la vostra promozione in modo indolore. Nulla vi vieta poi di sondare il terreno per ottenere uno spazio da siti più prestigiosi e molto più frequentati. In questi casi, ovviamente, soprattutto se vi viene chiesto del denaro, è utile valutare bene le opportunità offertevi. Se avete scritto un libro giallo e vi offre spazio e recensione (a pagamento) un sito che principalmente si occupa di fantascienza avrete ben poche speranze di interessare ai suoi frequentatori abituali, e di conseguenza il vostro investimento potrebbe risultare del tutto improduttivo.

Un’altra opportunità potrebbe essere quella di acquistare uno spazio (un banner, di solito posizionabile dietro un pagamento non eccessivo se il sito non è di quelli con il ranking più elevato) che pubblicizzi il vostro libro e contenga un link verso una pagina personale nel quale avrete modo di descriverlo più approfonditamente ed in maniera esaustiva, oltre a fornire tutti gli elementi utili per poterlo acquistare.

Se avete un sito sfruttate anche la possibilità di entrare in uno o più dei tanti circuiti di “scambio banner” che vi permettono di ospitare gratis il vostro banner su moltisimi altri siti, offrendo altrettanto sul vostro.

Ma le opportunità offerte dalla rete sono molte di più. Ci sono infinite possibilità di farsi conoscere, sfruttando il passa-parola dei forum e la piccola pubblicità che possono farvi anche amici e conoscenti, che a loro volta hanno un sito od un blog. E’ un enorme mare nel quale gettare qua e là le bottiglie contenenti il vostro messaggio. Le possibilità che qualcuno le veda e le raccolga ci sono, quindi datevi da fare. Più bottiglie lanciate in mare e maggiori saranno le vostre possibilità.

Ovviamente il messaggio pubblicitario che dovete lanciare deve essere onesto (inutile ingannare il pubblico sul reale contenuto e valore dell’opera), per cui mantenetevi attinenti all’opera e cercate di “catturare” chi veramente può essere interessato, per generare ulteriore passa-parola positivo.
Tuttavia il vostro messaggio deve anche, nel contempo, essere quanto più intrigante possibile. Fatevi aiutare da qualche pubblicitario se ne avete la possibilità. Anche il modo di proporsi su internet conta e la visibilità è tutto.

 

 

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Diritto d’autore
 

Una domanda che mi sono sentita porre spesso, e che io pure ho rivolto ai miei interlocutori, cercando di capire, è questa: qual è la percentuale usuale per i diritti d’autore derivanti dalle vendite di un libro?

Ebbene, generalmente, se vi riconoscono una percentuale sulle vendite (non tutti i tipi di contratto, ahimè, lo prevedono) questa oscilla fra il 6% e l’8%.

Considerate di norma la percentuale più bassa, che tende a salire generalmente (ma non sempre) oltre una certa soglia di copie vendute. La nuova percentuale (del 7% o dell’8%, secondo gli accordi presi) si applica per le copie vendute in eccedenza rispetto alla soglia indicata per il 6%.

Occorre però sfatare l’importanza che molti tendono a dare a questa percentuale, riportando il tutto in confini più realistici.

Abbiamo fin qui detto e ridetto che pubblicare senza dover spendere un euro, per un esordiente, è cosa al limite dell’impossibile (forse esagero, ma nei fatti non ci siamo molto distanti). Pensare di farsi dare anche dei soldi è abbastanza fantasioso. E allora? Allora, contando su alcuni dati di fatto, io ragionerei in questi termini:

- probabilmente le vendite del mio primo libro saranno esigue. Ne consegue anche che la percentuale a me spettante non rappresenterà un introito sostanzioso, tale per cui valga la pena lottare con il coltello tra i denti. Ipotizzando una vendita di 1.000 copie (già piuttosto ottimistica) per un prezzo di vendita di 10 euro l’una, il 6% sarebbe costituito da 600 euro. In realtà il calcolo è sbagliato di molto, perché il 6% viene riconosciuto sul prezzo di vendita sottratti i costi di stampa (se li ha sostenuti l’editore, altrimenti li avete già anticipati voi) e di distribuzione (incluso il margine del rivenditore). Quindi il conteggio del 6% andrà realisticamente ritarato su un utile di circa 2 euro a copia, il che comporta una “fetta” per voi (sempre su 1.000 copie vendute) di soli 120 euro. Davvero una cifra per la quale non vale la pena lottare.

- detto questo, la possibilità di pubblicare senza dover pagare contributi rappresenta già una ghiotta possibilità di farsi conoscere (in modo professionalmente più significativo rispetto a quanto rappresentato all’editoria a pagamento), che potete tranquillamente stimare in un valore superiore a quello della percentuale sul diritto d’autore. Per questo, nel caso, sarei assolutamente bendisposta a rinunciarvi valutando la cosa come per me più conveniente.

- Naturalmente è sempre giusto tutelarsi (la possibilità che il libro faccia invece un successo enorme e renda una fortuna ipoteticamente esiste). Per questo sarà opportuno inserire nel contratto una clausola che preveda che vi venga riconosciuto il diritto d’autore nel caso in cui il libro venda più di un tot. di copie, oppure venga ceduto ad una casa editrice importante. Tutto questo fatti salvi ovviamente i vostri diritti (che vi riserverete per negoziarli personalmente) nel caso in cui il libro venga adattato per un film, ad esempio, o per una riduzione televisiva.

Un’ultima considerazione, relativamente al fatto che il vostro libro diventi improvvisamente e per un enorme colpo di fortuna un best-seller, riguarda il fatto che in questo caso, ovviamente, vi sarete fatti un nome ed una credibilità assolutamente spendibili. Potrete infatti scriverne un altro e presentarvi ad un editore più grande, negoziando questa volta i diritti che vi spettano!

 

 

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E-books
 
Ne parlo diffusamente in questa pagina, per cui vi rimando a questo link per tutte le informazioni relative.
 
 
Vendere on-line
 
Anche di questo argomento parlo già diffusamente in questa pagina per cui vi rimando al link relativo per tutti gli approfondimenti.
 
 
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